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TESTI CRITICI - PROF. PIETRO BONFIGLIOLI

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"Bruno Benfenati e la presenza del passato"

“Accolgo la natura morta come genere e tradizione e la trasferisco ai giorni nostri”.
E’ questa una dichiarazione che l’osservatore non può dimenticare di fronte all’impresa pittorica di Bruno Benfenati.
”Sento profondamente - la dichiarazione si viene precisando - il calore vivo e attivo delle vecchie cose, convinto come sono che la presenza del passato ci aiuti a vivere i giorni nostri e a costruire il futuro“. Un passato-presente, dunque, riferibile in particolare all’umanesimo toscano al Quattrocento mediceo. In altri termini, ancora secondo il linguaggio dell’autore che non esita a commentare se stesso, il nostro secolo si propone precisamente come l’età dell’immagine, la cui assolutezza si offre come totalità dell’essere, rappresentata al tempo stesso da un presente a cui convergono il passato e il futuro o, più precisamente, da una presenza del passato che è garanzia del futuro.

Questa radicata consapevolezza richiede che l’opposizione passato-presente polemicamente attiva nelle arti figurative, per quanto attenuata dopo la crisi delle avanguardie, sia sospesa nel punto in cui il passato, secondo il proprio carattere fondativi, segna la presenza dell’essere. Sciolti dalla propria opposizione, passato e presente possono coincidere nell’unità costitutiva del moderno e ciò ancor prima di qualsiasi mediazione storicistica per se stessa estranea alla libera immediatezza del linguaggio, che attraversa il tempo e intreccia rapporti fra i termini opposti.

Vivere la presenza del passato, presenza concepita come condizione costitutiva dell’opera, comporta l’eccedenza di una potenzialità che istituisce con l’opera un rapporto pago di sé, tranquillamente aperto alla propria alterità: un accesso che rappresenta il segreto più profondo dell’opera, secondo un rapporto tranquillo, deliberatamente ordinato fuori da ogni ingannevole mimetismo come presenza dell’altro, di un passato che paradossalmente giustifica la pienezza della nuova identità. Identità in cui il passato originario quattrocentesco si offre a una nuova presenza, che segretamente restituisce al passato stessa un’autentica modernità.

Una nuova nascita dunque o, più precisamente, fuori da qualsiasi intenzione di modernizzazione del passato, una autentica intelligenza interpretativa costruita essa stessa come opera: non tanto un’impresa, sia pure straordinariamente adesiva “alla maniera di”, quanto piuttosto la straordinaria traduzione di un processo ermeneutico in un’opera nuova, senza tempo, misteriosa e segreta nella sua presenza sospesa tra antico e moderno, sottilmente straniante anche per la sua specifica intelligenza operativa.
Dove la cadenza del tempo, rappresentata dalla pratica operativa quattrocentesca , si costituisce immediatamente come immagine tutto può diventare antico e nuovo quasi per un miracolo anacronistico che emerge dal luminoso fondo caravaggesco.

Pietro Bonfiglioli